È tornata la stagione degli asparagi. Gli asparagi per me sono bianchi (anche se Bassano dista quasi cinquanta km dalla casa della mia infanzia) e mi fanno tornare in mente le mattine ancora fresche in cui seguivo mio padre verso la lunga montagnola di sabbia, aiutandolo a rimuovere le tavelle di cotto adagiate sui fianchi che trattenevano il lungo telo di plastica trasparente che la copriva. La condensa aveva creato una crostina sulla superficie della sabbia che noi bambini, con l’occhio poco sopra l’altezza della cima, scrutavamo con attenzione alla ricerca delle piccole crepe che indicavano, poco sotto, la presenza di una puntina di asparago che cercava la sua via verso la luce, possibilmente prima che la luce del sole le virasse al viola. Appena trovata grattavamo con le dita giusto il necessario per rivelarla, in modo che mio padre, che ci seguiva armato di un lungo ferro con una punta concava a coltello, potesse, con maestria, estrarre l’asparago quanto più lungo possibile, intercettandolo con un colpo secco verso le radici mentre tratteneva la punta tra medio ed indice. Guai a giocare con la sabbia, cancellando le possibili tracce di altri germogli in uscita! Solo anni dopo, quando le montagnole erano diventate tre e più vicine a casa, ero stata passata di grado e qualche volta potevo anche io andare alla ricerca dei nuovi virgulti, che davano alla nostra famiglia un mese di ricchezza extra, in un epoca in cui gli asparagi non si trovavano ancora al banco del supermercato ed un cartello, posto sul vialetto d’ingresso, ci rendeva la meta di molti passanti.
Gli asparagi per la vendita erano sempre la primissima scelta come diametro e come forma, li pulivamo con cura e preparavamo i sacchetti, ad occhio, divisi per calibro. Quelli che avevano deciso di crescere a modo loro, quelli troppo corti o che si erano spezzati, erano destinati ai nostri risotti. Ma il massimo erano le cene con gli amici, ad uova ed asparagi, dopo una accurata cottura a vapore con i piedi in due dita d’acqua. Perché se da una parte forse non eravamo ricchi, dall’altra non mancavano mai le occasioni per condividere. Mi manca la pentola degli asparagi, ogni volta che cucino i miei distesi sulla griglia a vapore del microonde mi sento sacrilega, ma vengono meglio che in piedi in una pentola qualsiasi. E probabilmente non è solo la pentola, che mi manca.