Chiavi e serrature (ovvero PuTTY e le chiavi private ssh)

Eccomi per la nuova avventura: dopo secoli ho riabilitato la mia chiave privata crittografata per accedere ai server web che gestisco e cerco di non scordare come ho fatto. Per prima cosa, sto parlando di un sistema di autenticazione a server remoti che mi evita di ricordare (o peggio, appuntare) le complicatissime password che i gestori dei server che ho in amministrazione mi impongono. In pratica stabilisco con i server una connessione sicura ssh e uso una chiave crittografata per entrare.

Esistono numerosi siti che spiegano la procedura, ma spesso danno per scontato che il vostro computer di lavoro sia anch’esso una macchina ‘nix. Io invece lavoro su windows, e anche se dalla versione 10 è diventato possibile installare un Windows subsistem Linux a piacimento che potete usare un po’ come se fosse la vostra finestra di comando (cmd) o la vostra PoweShell, fino ad oggi per collegarsi via terminale ad un server remoto (generalmente il server web) con una connessione ssh l’unica strada era PuTTY. Non fatevi ingannare dallo stile vecchio stampo del sito e dall’aspetto amatoriale, parliamo di un programma che da vent’anni è di fatto IL modo di collegarsi via telnet e ssh a Unix e Linux al punto che la Commissione europea ha sponsorizzato la ricerca di bug per ridurne la vulmerabilità!

Non ho idea di quando io abbia scaricato per la prima volta PuTTY, probabilmente attorno ai primi anni del XXI secolo 😉 , ma per molto tempo gran parte dei componenti presenti nel pacchetto completo sono rimasti per me degli inutili orpelli… che fortunatamente occupavano pochi byte. Questo fino a due anni fa, quando lo spostamento del server di Engramma su una nuova macchina virtuale mi ha lasciato con una password di 20 caratteri imposta dal gestore che francamente, pur avendola ormai memorizzata (mi serve ad ogni sudo) mi ha obbligata a cercare di capire se potevo fare di meglio. E, ovviamente, potevo.

Il mio server basato su sistema Debian infatti prevedeva di default l’autenticazione con chiave RSA, ma le istruzioni non erano chiare per un utente Windows. Dopo vari tentativi, ho finalmente capito qualcosa che non mi era subito parso evidente.

  • la chiave RSA (iniziali dei creatori Rivest–Shamir–Adleman) è una mia chiave personale. Non ha nessuna connessione con il server in cui la userò, almeno finché non la autorizzerò su  quel server. Quindi non create una chiave per il vostro server, ma un sistema di chiave e serratura per voi.
  • La chiave RSA è fatta di due parti, una chiave privata che tenete voi e una pubblica che potete mettere nei server a cui volete collegarvi. La chiave pubblica NON può essere usata per generare le informazioni della chiave privata, ma può solo verificare che sia corretta. In pratica è come mettere nel server una vostra porta privata (chiave pubblica) ed usare la vostra chiave (chiave privata) per aprire.
  • Ovviamente le chiavi aprono sempre e comunque, quindi la chiave privata va tenuta al sicuro. Da una chiave privata potete riceare la chiave pubblica! Buona norma è quella di munirla di una password che eviti che chi ne viene impropriamente in possesso possa usarla a vostra insaputa. Un po’ come le password che vi servono per usare la firma digitale o altro. In pratica state mettendo la vostra chiave in un cassetto chiuso a chiave.
  • Potete usare la porta quante volte volete, se il formato di crittografia corrisponde agli standard impostati nel sistema finale (per esempio, mentre seguivo le guide, non mi sono accorta che il mio sistema voleva delle chiavi RSA da 2048 bit… e per un pezzo non ho capito perché non funzionava.

Se avete un sistema operativo Linux potete tranquillamente seguire le istruzioni della pagina Debian, ma se usate Windows e PuTTY? ecco che finalmente scopro di avere da anni un generatore di chiavi, PuTTYgen, che attende solo di essere usato!

Per generare la vostra accoppiata, se i parametri di sicurezza elencati in basso vi soddisfano, non vi serve altro che cliccare Generate e muovere il mouse per generare le informazioni random…


E finalmente vi troverete con le vostre chiavi pronte per essere salvate (non preoccupatevi per la mia sicurezza, questa è tutta per voi!):


A questo punto siete quasi pronti per salvare le vostre chiavi. Per riconoscere la chiave in modo più semplice, è utile cambiare il commento (Key comment) in qualcosa di più immediato per ricordare per quale scopo è stata generara. La passphrase è ovviamente la password di sicurezza che evita che qualcuno possa entrare in possesso della vostra chiave ed usarla a vostra insaputa. Solo dopo aver settato queste informazioni salvate la chiave pubblica (Save public key) e, soprattutto, la chiave privata (save private key).

PuTTYgen salva le chiavi private con una speciale estensione .ppk e non attribuisce nessuna estensione alle chiavi pubbliche, cercate per la vostra memoria di fare in modo di sapere quale sia accoppiata con l’altra (miachiave.ppk con miachiave_pub per esempio). A questo punto le varie istruzioni dicono di caricare il file della chiave pubblica sul vostro server e accodarlo al file authorized_keys che avrete creato nella vostra home directory. Tentazione che è venuta anche a me oggi quando ho cercato di usare il file della chiave pubblica che avevo nel mio pc su un nuovo server… salvo vedermi richiesta la password. Il problema è che il file che PuTTY salva come backup, pur contenendo anche il testo della chiave corretto, lo mette con degli a capo che lo rendono inutile. Se guardata la vostra finestra vedrete che nella parte alta c’è una casella, che al momento in cui finite di generare le chiavi è evidenziata, con scritto “Public key for pasting…”. Ecco, quella è la chiave che serve al vostro server! Caricarla è semplice: per prima cosa vi collegate al vostro server con PuTTY con nome utente e password. Il nome utente è quello di un utente non root. Al solito sarete nella vostra home directory. Se ci siete già dentro e volete tornare alla home vi basta dare il comando cd senza scrivere nulla. A questo punto, se non ci sono altre chiavi, seguite la solita procedura di tutte le guide:

mkdir ~/.ssh chmod 700 ~/.ssh cd ~/.ssh

ora invece di caricare file, fate copia della chiave nella finestra di PuTTYgen (CTRL+C), poi tornate nella sessione online e create con il vostro editor il file necessario. Io sono vecchio stile per cui per me i comandi saranno:

vi authorized_keys
i #attiva l'inserimento
#tasto destro nella finestra per incollare il testo copiato
ESC #esco da modalità inserimento
:wq

A questo punto dovete procedere come negli altri esempi online

chmod 600 authorized_keys

e potete anche chiudere la sessione PuTTY.

A questo punto inizia la gestione della chiave privata: fra i vari programmi nella cartella PuTTY dovreste trovare Pageant, l’icona del PC con il cappello.  Se ci cliccate sopra non sembra succedere nulla, ma una nuova icona si aggiunge nella vostra barra delle applicazioni di Windows:

Se ci cliccate sopra col tasto destro troverete l’opzione “add keys” che vi farà cercare la chiave .ppk che avete salvato prima. Caricandola sarà chiesta la password, e la domanda verrà ripetuta ogni volta che avviate Pageant (tenetelo presente se decidete di avviarlo in automatico col pc 😉 ).  A questo punto potete modificare anche la sessione salvata con cui vi collegate normalmente al server (perché ovviamente AVETE una sessione salvata!). Per poter usare l’autenticazione RSA dovete caricare la sessione che vi interessa e poi nella categoria di destra spostarvi al punto “Connection” e poi dentro “Data”. Qui dove è scritto “Autologin username” inserite quello che usate per collegarvi. Poi spostatevi nel nodo “SSH” e cliccate su “Auth”, dove potrete selezionare la vostra chiave privata nuovamente per aggiungerla alla sessione.

Prima di cliccare “Open” ed avviare la sessione con l’autenticazione RSA, tornate su “Session” in modo da poter salvare la sessione. A questo punto cliccando su “Open” dovreste entrare senza che vi venga chiesta la password. Al massimo vi verrà chiesta la password di protezione della chiave privata. Ma la parte più bella è che se avviate Pageant, dopo la prima richiesta di password, potrete trovare le vostre sessioni PuTTY salvate con il tasto destro sotto “Saved sessions”. Questo vuol dire che potrete aprire una sessione PuTTY con un solo click senza più mettere password finché non chiudete Pageant o il pc!

Non so se vi interessi minimamente la cosa, ma siccome sono certa che per la prossima volta che mi servirà avrò dimenticato un pezzo, me lo salvo online e così poi so dove cercarlo!

Ridurre le immagini di una presentazione con IrfanView

Buon anno a tutti!

con almeno una dozzina di post in attesa di completamento ho deciso che la smetto di tentare di fare le guide universali e parto con le cose semplici man mano che le sto facendo. In questo caso sono reduce da una presentazione in cui ho visualizzato 90 diapositive create con LibreOffice Impress piene zeppe di immagini. Avendo la fortuna e la necessità di lavorare con immagini ad alta risoluzione, nella fretta ho semplicemente trascinato le mie immagini all’interno delle singole diapositive, e peggio: in alcuni casi, con l’immagine ad alta risoluzione aperta, ho selezionato l’area di mio interesse, copiato ed incollato il dettaglio. Il risultato è una presentazione da 400 MB. Fortunatamente il mio pc è sufficientemente robusto per gestire la cosa, ma siamo oggettivi: attendere 30 secondi per ogni salvataggio automatico ha senso? E soprattutto, cosa succede se poi proiettate dal vecchio pc dell’aula collegato ad un altrettanto vecchio proiettore XGA (1024×768)? Il rischio che il povero pc finisca la memoria cercando di caricare la diapositiva successiva è tutt’altro che remoto, quindi conviene correre ai ripari.

La prima cosa da capire è quanto debbano essere grandi le immagini per essere perfette in una presentazione fatta con un proiettore. Ora, sebbene lentamente stiano uscendo sul mercato anche proiettori 4K e oltre, la maggioranza delle aule conferenze passa dall’XGA, appunto, ovvero 1024×768, ad un full HD, 1920×1080. Sarebbe bello sapere, prima di una conferenza, il tipo di proiettore che sarà utilizzato, o almeno se si tratta di un proiettore 4:3 (il formato dei vecchi monitor e televisioni più quadrato) o 16:9 (wide screen), ma normalmente faccio fatica a sapere se dovrò usare un adattatore per HDMI su VGA o posso uscire direttamente in HDMI. Il mio telefonino in questo momento scatta foto 3120×4160 (13 mega pixel) e molti sono addirittura oltre i 20 mega pixel. Poniamo il caso che abbia fotografato due pagine di un manoscritto e abbia affiancato le due immagini componendole. Si tratterà di una immagine 6240×4160 pixel proiettata al MASSIMO 1920×1080. Una quantità di informazioni dalle 3 alle 4 volte superiore a quella necessaria!

L’ideale sarebbe aver creato una presentazione con le immagini collegate all’interno di una cartella esterna, dove potete rielaborarle a piacimento, o aver predisosto le immagini della presentazione riducendole prima di iniziare il lavoro. Ma se non l’avete fatto? Fortunatamente da alcuni anni a questa parte le presentazioni (ma anche i documenti di testo) non sono più un unico file criptato contentente tutto, ma una cartella compressa. Questo vale per tutti i documenti creati con Open/Libre Office, ma anche per i documenti MS Office. Questo significa che i programmi che gestiscono le cartelle compresse, come 7zip, vi permettono tranquillamente di decomprimere la vostra presentazione e visualizzare il contenuto sotto forma di file XML e oggetti collegati.


A questo punto vi suggerisco di iniziare con una COPIA del vostro documento originale. Create una cartella di lavoro, la mia si chiama “resize” in cui incollare la copia della vostra presentazione oversize e estraete il contenuto del file. Se partite da un file ODP dovreste ottenere una serie di file e certelle simile a quella che vedete nel mio esempio, in cui spicca ovviamente la cartella “Pictures”.

All’interno della cartella trovate tutte le immagini incorporate nel vostro documento, con un numero progressivo. Se avete avuto la malsana idea di incollare le immagini da appunti, troverete anche degli enormi file PNG, creati automaticamente dal programma, come questi che vedete sotto.

Non male per un dettaglio che occupa una frazione di una diapositiva, anche fosse HD! Ora che avete tutte le immagini in una cartella, possiamo usare IrfanView, (ovviamente se usate il PC con Windows, dato che questo gioiello non esiste per gli altri sistemi e piattaforme). Se non avete mai usato questo programma, vi consiglio di provarlo subito, magari nella forma portatile (.zip) che non richiede installazione.  Ricordatevi di scaricare anche l’italiano dal menu Languages del sito! In questo caso ci interessa usare la funzione di modifica in serie: per usarla potete aprire una qualsiasi delle immagini della cartella con il programma (tasto destro-> apri con se non è il vostro visualizzatore immagini predefinito) e poi dal menu File cercate “Converti-rinomina in serie”. Io, più rapidamente, premo il tasto B per aprire la finestra relativa.

Dato che non ho voglia di cambiare i riferimenti nei file xml, faccio due conversioni, una per i file PNG e una per quelli JPG. Per selezionare i file da convertire in serie cerco il tipo di file, in questo caso PNG, clicco il tasto “aggiungi tutti” per selezionare tutti i file e trovarli nell’elenco dei file da convertire in basso a destra. In questo caso non sono interessata a rinominare i file, per cui seleziono la prima opzione “Converti in serie”, scelgo PNG come formato di destinazione (lo stesso delle immagini di partenza), attivo le funzioni di modifica avanzata e vado a personalizzarle cliccando sul tasto “Avanzate”.

Le funzioni avanzate cambiano ovviamente a seconda del tipo di formato. Quello che voglio fare a tutte le mie immagini è ridurre la loro risoluzione in modo che non superi quella massima che avrebbero occupando a tutta larghezza o tutta altezza una diapositiva HD. Per questo seleziono 1920 come larghezza e 1080 come altezza, ricordandomi di mantenere le proporzioni fra le immagini e di NON ridimensionare le immagini più piccole delle dimensioni massime della diapositiva. Siamo onesti, se un dettaglio è di 460 pixel di altezza, portarlo a 1080 non aggiungerebbe nessuna informazione grafica, ma aumenterebbe inutilmente le dimensioni del file, ottenendo l’inverso di quello che vogliamo. Dato che stiamo lavorando su una cartella che contiene l’espansione della copia del file originale, seleziono l’opzione di sovrascrittura dei file. ATTENZIONE! IrfanView ricorda le opzioni dell’ultimo lavoro fatto, questa opzione va sempre controllata, altrimenti potreste trovarvi a fare dei danni alle immagini originali perdendole! Se date OK potete ritornare alla finestra precedente, dove selezionate come cartella di destinazione “usa cartella attuale”. Potete anche non farlo, ma trattandosi di lavoro su una copia, per me questo è il modo veloce per sapere dove sono. A questo punto potete avviare la conversione in serie, che vi avviserà dell’avvenuta sovrascrittura di tutti i file.

L’operazione va ripetuta anche per i file JPG, per cui invece che “Termina conversione” schiacciamo “Riprendi conversione”, e dalla finestra precedente per prima cosa eliminiamo l’elenco dei file PNG per sostituirlo con quello dei file JPG usando “Rimuovi tutti”. Cambiamo poi il filtro in JPG, come anche il tipo di conversione, e aggiungiamo i file con “aggiungi tutti”.

A questo punto non serve nemmeno aggiornare le opzioni avanzate, in quanto quelle usate per i PNG vanno ugualmente bene e potete procedere ad avviare nuovamente la conversione in serie. Se non avete usato altri formati di immagine (GIF, TIF ecc.) a questo punto potete terminare la conversione, altrimenti dovrete procedere così per ogni tipo di file.

Nella vostra cartella di lavoro ora dovreste avere il file originale “compresso” e la versione espansa con le immagini ridimensionate. Purtroppo 7Zip (o gli altri programmi) non sono in grado di creare dalla versione espansa nuovamente un file ODP funzionante. Anche se salvate in formato .zip e poi rinominate in .odp, il programma non riconoscerà il vostro file. Potete però aprire il file originale in 7Zip e sostituire le immagini all’interno dell’originale compresso senza danneggiare il file. Lavorando sempre sulla copia, con il tasto destro scegliete l’opzione “Apri”.

A questo punto dovreste vedere il contenuto della cartella compressa all’interno della finestra del programma, con la stessa struttura che prima avevate espanso.

Navigate all’interno della cartella “Pictures” per vedere elencate le immagini prima della cura dimagrante.

A questo punto, non dovete fare altro che selezionare dalla cartella espansa tutte le immagini che avete ristretto (Ctrl+A potrebbe semplificarvi la vita) e trascinarle o incollarle nella finestra del programma, confermando che volete copiarle proprio lì.

Lasciate lavorare il programma e poi chiudete la finestra di 7Zip: a questo punto nella cartella di lavoro dovreste trovare il vostro file notevolmente snellito: nel mio caso, veramente esagerato, il documento impostato in formato HD passa da 400 a 85 MB, scendendo a 65 in versione XGA. Non male, senza contare che ora anche all’interno di LibreOffice la gestione del file diventerà molto più snella e rapida! (Nell’esempio ho rinominato il file per ricordarmi quale risoluzione ha e inserito una ulteriore copia dell’originale per confronto).

Testate il vostro file nel programma per verificare che sia andato tutto a buon fine, testatelo più volte e visualizzate tutte le pagine soprattutto se intendete eliminare il file originale. ATTENZIONE! il nuovo file è perfetto per la visualizzazione alla risoluzione del proiettore, dove non ci sarà nessuna differenza.  Se invece visualizzate la presentazione su uno schermo retina, 4K o più, ovviamente vedrete la differenza. Allo stesso tempo, vedrete la differenza se deciderete di stampare le diapositive: per stampare una immagine a tutta pagina in A4 a 300 dpi (risoluzione tipografica delle immagini) l’immagine deve essere 3508×2480 pixel!

Sicuramente non si tratta di una soluzione veloce come la funzione “comprimi immagini” prevista da PowerPoint, ma certamente vi garantisce il controllo totale sulla qualità finale. Questo metodo funziona comunque ANCHE con i documenti di testo, sia per il formato Open Document che quel quello Microsoft, inoltre con lo stesso metodo potete sostituire o ricavare le immagini incorporate in uno di questi documenti!

Per un riferimento alle utilità per Windows scaricabili gratuitamente e capaci di semplificare la vostra vita, avevo tempo fa scritto una piccola lista, che spero di poter aggiornare, prima o poi!

 

Diario di una mamma di nativi digitali (parte 1?)

Personalmente non amo molto la definizione “nativo digitale“, che dovrebbe indicare, da parte dei miei figli, una maggiore facilità nei rapporti con delle tecnologie con cui hanno a che fare dalla nascita, perché non mi pare che la dimestichezza con gli strumenti li aiuti ad essere padroni di essi, anzi. Detto questo ammetto che i miei figli hanno una esposizione alle tecnologie incredibile ed io stessa, per necessità o pigrizia, ho incoraggiato questo contatto molto precoce. Tutto è iniziato con il treno, quando andando al lavoro fuori città, mi portavo la figlia piccola (ora media XD) nel marsupio in treno con me per lasciarla al nido aziendale. Se nella maggior parte dei casi dormiva, non sempre la cosa era certa e, durante un convegno particolarmente stressante, ho accettato la possibilità di iniziare ad usare lo smartphone per intrattenerla quando non avevo alternative. Se siete dei genitori sani, che riescono ad andare a cena coi bambini piccoli e inorridiscono nel vedere che qualche genitore allunga il telefono al bambino quando ormai scalpita e non si trattiene, questo post non fa per voi. Anche io cerco i locali con baby room, intrattenimento bambini o porto scatole di macchinine e colori, ma obbiettivamente non tutti i locali sono sicuri e tolleranti con bambini che si inseguono gattonando sul pavimento per giocare e colorare e le rarissime volte che esco in un contesto non per bambini (compleanni o simili) alle volte non resisto e voglio scambiare qualche parola con gli altri adulti… lo so, è puro egoismo, ma se capita anche a voi, ci sono alcune cose che è utile sapere, in particolare se come me usate Android (lascio iOS a chi se lo può permettere). Leggi tutto “Diario di una mamma di nativi digitali (parte 1?)”

Asparagi

È tornata la stagione degli asparagi. Gli asparagi per me sono bianchi (anche se Bassano dista quasi cinquanta km dalla casa della mia infanzia) e mi fanno tornare in mente le mattine ancora fresche in cui seguivo mio padre verso la lunga montagnola di sabbia, aiutandolo a rimuovere le tavelle di cotto adagiate sui fianchi che trattenevano il lungo telo di plastica trasparente che la copriva. La condensa aveva creato una crostina sulla superficie della sabbia che noi bambini, con l’occhio poco sopra l’altezza della cima, scrutavamo con attenzione alla ricerca delle piccole crepe che indicavano, poco sotto, la presenza di una puntina di asparago che cercava la sua via verso la luce, possibilmente prima che la luce del sole le virasse al viola. Appena trovata grattavamo con le dita giusto il necessario per rivelarla, in modo che mio padre, che ci seguiva armato di un lungo ferro con una punta concava a coltello, potesse, con maestria, estrarre l’asparago quanto più lungo possibile, intercettandolo con un colpo secco verso le radici mentre tratteneva la punta tra medio ed indice. Guai a giocare con la sabbia, cancellando le possibili tracce di altri germogli in uscita! Solo anni dopo, quando le montagnole erano diventate tre e più vicine a casa, ero stata passata di grado e qualche volta potevo anche io andare alla ricerca dei nuovi virgulti, che davano alla nostra famiglia un mese di ricchezza extra, in un epoca in cui gli asparagi non si trovavano ancora al banco del supermercato ed un cartello, posto sul vialetto d’ingresso, ci rendeva la meta di molti passanti.

 

Sgorbia per asparagi

Gli asparagi per la vendita erano sempre la primissima scelta come diametro e come forma, li pulivamo con cura e preparavamo i sacchetti, ad occhio, divisi per calibro. Quelli che avevano deciso di crescere a modo loro, quelli troppo corti o che si erano spezzati, erano destinati ai nostri risotti. Ma il massimo erano le cene con gli amici, ad uova ed asparagi, dopo una accurata cottura a vapore con i piedi in due dita d’acqua. Perché se da una parte forse non eravamo ricchi, dall’altra non mancavano mai le occasioni per condividere. Mi manca la pentola degli asparagi, ogni volta che cucino i miei distesi sulla griglia a vapore del microonde mi sento sacrilega, ma vengono meglio che in piedi  in una pentola qualsiasi. E probabilmente non è solo la pentola, che mi manca.

 

Chiavi e server

Dopo anni di gestione di server remoti, sono ancora un po’ confusa per quel che riguarda le chiavi criptate e l’autenticazione con chiavi crittografate di sicurezza. In estrema sintesi l’uso di chiavi al posto delle password evita che qualcuno possa carpire il contenuto al momento dell’invio, perché l’invio avviene, appunto, criptato.

Dato che oggi sono finalmente riuscita a connettermi al nuovo server con un paio di chiavi, scrivo rapidamente la procedura necessaria per non scordarla. Il primo punto è chiarire il tipo di crittografia per le chiavi accettata dal vostro server, nel mio caso mi serviva una chiave a SSH2-RSA a 2048 bit. L’idea è quelle di avere una propria chiave, che si chiama generalmente chiave privata, e mettere nel server una serratura che funziona solo se avete la giusta chiave, che si chiama chiave pubblica (nel senso che la potete dare in giro ogni volta che vi serve e non compromettete la vostra sicurezza). Leggi tutto “Chiavi e server”

Backup su Google Drive

Avere iniziato ad usare il pc alla fine degli anni ’80 ha un pregio: l’interfaccia grafica è per me una aggiunta e la riga di comando (Command Line Interface o CLI per fare prima) una vecchia amica. Ho una serie di appunti su programmi senza interfaccia grafica che uso normalmente per risolvere problemi noiosi e che vorrei propinarvi, ma oggi devo finire un trasferimento del server resettando i backup su Google Drive ed ho pensato di fissare il tutto in tempo reale. Leggi tutto “Backup su Google Drive”

ISBN per tutti

Immagino sappiate cosa siano gli ISBN, ovvero i codici utilizzati a livello internazionale per indicare le edizioni dei libri, a stampa o digitali. Si tratta di un numero di 13 cifre che contiene 12 numeri (che indicano lo stato di pubblicazione del libro, il codice editore ed il numero personale dell’edizione) e di una 13 cifra “di controllo” (come l’ultima cifra del vostro codice fiscale) calcolata sulla base delle 12 cifre precedenti secondo lo standard EAN-13. Se siete editori, pagate l’Agenzia ISBN italiana per acquistare un codice editore ed il corrispondente lotto di numeri ISBN da attribuire ai vostri libri. Con un limite: se voi ordinate più di 10 numeri, il vostro account vi offrirà solo i primi 10 precalcolati, mentre per i successivi avete due opzioni: pagare l’Agenzia o calcolare da voi, sulla base delle precedenti 12 cifre che conoscete, i numeri ISBN successivi. Per un singolo numero esistono dei generatori online, ma per 90 o 990 numeri consecutivi? (immagino che chi ne ha 990 abbia un software apposito, ma trascendiamo). Leggi tutto “ISBN per tutti”

Liste ordinate strutturate in una pagina web

Non so se usiate le liste nidificate, cioè quelle liste in cui esistono uno o più sottolivelli. Che si tratti di elenchi o di titoli, è fondamentale che esista una certa coerenza fra i numeri ed i livelli. Se l’elenco è fatto di elementi consecutivi in generale basta cambiare l’indentatura e si capisce immediatamente. Ma se stiamo parlando di titoli di capitolo e paragrafo? Come evitare di numerare tutto a mano? come tenere conto del livello? Probabilmente sono la sola che si è posta il problema perché online non ho trovato alcuna soluzione, almeno quando ho affrontato il problema alcuni anni fa, ma probabilmente vale ancora la pena di postare i miei vecchi appunti. Leggi tutto “Liste ordinate strutturate in una pagina web”

Impaginare in multiculturale

Da quando il  mio tempo “libero” è drasticamente calato, per non dire inesistente, molto raramente mi dedico ai miei hobby. Molto del mio tempo al momento è occupato da questioni di tipo editoriale, dato che il Centro Studi ClassicA ed Engramma stanno lavorando a pieno regime in quella direzione. Così, per tenere conto di tutte le ore che comunque dedico giornalmente a risolvere rogne, preferisco riprendere il blog con un altro tema invece che spostarmi altrove, tanto sono sempre io 😉

Il tema di oggi è l’impaginazione, il mio programma per impaginare è Adobe inDesign (non mi pagano, io pago loro ogni mese, in compenso) dato che è uno standard industriale, ovvero se volete lavorare professionalmente con case editrici e tipografie, non ci sono alternative. L’ho iniziato ad usare mentre ero nel pieno della stesura del mio primo libro, e da allora ho dovuto imparare molti dei suoi segreti per riuscire a domarlo e fargli fare quello che serviva a me (grazie indesignsecrets.com!). Leggi tutto “Impaginare in multiculturale”

Nuovo Look

Una breve nota per spiegare l’improvviso ed incompleto cambio di look.

Mi rendo conto di non aver completato la personalizzazione del nuovo layout, ma dato che il precedente, a cui ero affezionata, non era purtroppo responsive ed era ingestibili da tablet e smartphone, ho preferito sacrificare un po’ il look per favorire la leggibilità… ditemi se rilevate particolari problemi!

Buon proseguimento.